Indagine retrospettiva sul fenomeno del suicidio nelle diverse regioni italiane nel periodo 1993 - 2002
Abstract
Il tasso dei suicidi viene considerato un importante indicatore dello stato di salute di una collettività. Osservando le caratteristiche e le forme adottate nella realizzazione dell’insano gesto, è possibile delineare un quadro delle principali aree a rischio, raccogliendo informazioni utili a comprendere meglio l’atto suicidiario. Sulla base di queste premesse utilizzando i dati ISTAT abbiamo condotto un’analisi retrospettiva riguardante gli anni 1993- 2002. Abbiamo considerato genere, età, modalità, movente.
È stato effettuato un confronto fra le diverse regioni: nord, centro e sud calcolando il PYLL, il tasso x 100.000 abitanti, il tasso percentuale. Nel periodo considerato il fenomeno è aumentato con lenta e sistematica progressione. A livello regionale è la Lombardia a registrare il maggior numero di casi (17,5%), seguita dal Piemonte (10,8%), dall’Emilia Romagna (9,5%) e dal Veneto (8,6%), osservando però i tassi di suicidio per 100 mila abitanti è il Friuli a presentare il tasso più elevato (13,8), seguito dall’Umbria (12) e dalla Liguria (11,4).
Interessante è la differenza tra il tasso di suicidi delle regioni del Nord rispetto a quelle del Centro e del Sud: il Nord presenta un tasso superiore a quello medio nazionale (9,3) contrariamente al Sud (5,1). La fascia di età più colpita è quella 18-30 anni per le donne e 31-45 per gli uomini. Al primo posto ci sono i suicidi motivati dalla depressione (15,2%) seguiti da quelli per motivi passionali (12,1)%, economici (9,8%) e disoccupazione (6,3%). Le modalità di suicidio più frequente: impiccagione (29,8%), armi da fuoco (22,3%) e precipitazione (15,2%).
DOI: https://doi.org/10.2427/6153
NBN: http://nbn.depositolegale.it/urn%3Anbn%3Ait%3Aprex-8275
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